«In poche plaghe italiane la barbabietola ha incontrato il favore degli agricoltori come nella nostra, in poche zone si ottengono prodotti rilevanti come da noi, in poche località si coltiva così estesamente». Così scrive nel 1904 l'agronomo Adolfo Bellucci, direttore della Cattedra ambulante di agricoltura della provincia di Ravenna, esaltando la produzione di barbabietole da zucchero nel ravennate.
Qui, in effetti, la coltivazione della barbabietola è sperimentata sul finire del XIX secolo: nel 1897 è introdotta in 300 ettari e circa trent'anni dopo, nel 1926, sono circa 10.000 gli ettari a barbabietole su una superficie agraria-forestale provinciale di 165.000ha. La bieticoltura si rivela particolarmente adatta per queste terre alluvionali di recente bonifica: ha proprietà rinnovatrici; lascia i terreni in un ottimo stato fisico e chimico per le successive colture; è in grado di dare risultati migliori del mais; amplia la rotazione agraria, e il suo sottoprodotto (foglie e polpe esaurite) viene restituito al produttore per essere usato come mangime per il bestiame.
La bieticoltura ha inoltre un potenziale sociale non indifferente: permette di assorbire la disoccupazione grazie all'impiego di una cospicua manodopera nel periodo estivo, per i lavori di diradamento e zappatura, e poi per la raccolta e la lavorazione negli zuccherifici. Ciò che avviene anche nel ravennate dove masse di braccianti, dopo essere stati impiegati nelle opere di bonifica, sono rimasti senza lavoro.
Si tratta di fattori che rappresentano vantaggi reali e concreti. Ma per il salto di qualità è necessario che la coltura della barbabietola e la sua trasformazione in zucchero siano redditizie: condizione garantita dalla legislazione protezionistica introdotta in Italia a fine Ottocento. Sono tutti elementi che stimolano il decollo della produzione e con esso quella fase febbrile di corsa alla costruzione degli stabilimenti saccariferi definita «zucchero-mania». Nascono comitati per l'istituzione di zuccherifici a Classe, alle porte di Ravenna, nel 1896, a Massa Lombarda nel 1899 e a Mezzano nel 1906. Sono località in cui sono presenti reti ferroviarie, canali, fiumi e disponibilità d'acqua necessari per la trasformazione e il trasporto. L'unica componente esterna sono i capitali: diversamente dalla frutticoltura che si sviluppa grazie a una sinergia tra agricoltura e risorse finanziarie locali, l'industria saccarifera nel ravennate – ma anche nelle altre aree della pianura padana – sorge grazie a capitali non locali, in primis genovesi.
Proprio a Genova – centro d’importazione dello zucchero di canna assai prima dell'introduzione della coltivazione della barbabietola – si è sviluppato il settore della raffineria. E così la genovese Società Ligure Lombarda diviene la principale azionista della Società anonima Ligure Ravennate che promuove la realizzazione dello zuccherificio di Classe; quello di Mezzano è invece sostenuto dal conte Gulinelli di Ferrara, mentre Massa Lombarda ricorre ai capitali svizzeri della Societé Suisse pour l'industrie du sucre.
La prima campagna si apre a Classe già nel 1899 lavorando 3.500q.li di barbabietole al giorno, che diventano 8.000 nel 1907, 10.000 nel 1931 e 12.000 nel 1948. L'opificio di Massa Lombarda entra in attività nel 1901 con una potenzialità iniziale di 5.000q.li di barbabietole che raddoppia già alla vigilia della Grande guerra e viene poi innalzata a 15.500 nel secondo dopoguerra per arrivare a 22.000 nel 1961. A Mezzano la capacità giornaliera di lavorazione iniziale (1909) è di 15.000q.li che diventano 25.000 nel 1948, 38.000 nel 1957. Nel 1924 sorge uno zuccherificio anche a Granarolo faentino, realizzato dalla Società agricola industriale Lamone, con una potenzialità iniziale di 4.000q.li al giorno.
Nel corso dei primi decenni del Novecento tutti questi zuccherifici cambiano proprietà e passano nelle mani della società Eridania. Nel 1966 quello di Granarolo faentino chiude e la produzione viene spostata sul neonato stabilimento di Russi.
È negli anni Settanta che l'esperienza saccarifera conosce una fase di declino: gli impianti storici di Massa Lombarda e Classe vengono chiusi rispettivamente nel 1971 e 1977 e quello di Mezzano nel 1990. È l’inizio di una parabola discendente che non cancella una storia importante per la pianura ravennate: la coltivazione della barbabietola e l’industria saccarifera hanno rappresentato, a cavallo tra Otto e Novecento e fino ai primi decenni del XX secolo, una risorsa di grande valore economico-sociale.