La Prima guerra mondiale ha un peso straordinario nella storia nazionale; un rilievo dovuto soprattutto alle trasformazioni che comporta sul piano economico, politico e sociale e non solo su quello degli aspetti territoriali. Il conflitto viene vissuto come uno sconvolgimento indelebile anche perché è la prima grande esperienza collettiva degli italiani: tutti sono, a vario titolo, coinvolti e tutte le energie - economiche, sociali e intellettuali - sono mobilitate per sostenerne il peso. Non solo i combattenti, dunque, sono chiamati a dare il loro contributo: le donne vanno a sostituire i reclutati in tutti i settori lavorativi mentre i giovani e i giovanissimi sono impegnati in diverse attività di supporto allo Stato belligerante.
La complessiva mobilitazione della società è raggiunta facendo ricorso massicciamente alle armi della propaganda. Su questo terreno si provano per la prima volta i sentimenti nazionali e il senso dello Stato degli italiani, mentre l’educazione al patriottismo si estende a tutti i livelli sociali attraverso un proselitismo profondo e capillare. Istituzioni e mass media sono mobilitati per divulgare le “ragioni” della guerra, soprattutto dopo la disfatta di Caporetto (ottobre – novembre 1917). Per la maggioranza della popolazione però la diretta e principale conseguenza del conflitto, che i contendenti immaginano brevissimo ma che si trasforma ben presto in guerra di logoramento, è la fame: col passare dei mesi le condizioni di vita degli italiani peggiorano sensibilmente a causa del forte aumento dei prezzi, del deterioramento qualitativo del cibo e di restrizioni alimentari dovute a un ferreo controllo dei consumi da parte del Governo. Aumentando disagi e difficoltà la protesta sociale diventa ampia e considerevole: secondo i dati forniti dalle autorità dal 1° dicembre del 1916 al 15 aprile del 1917 hanno luogo circa cinquecento manifestazioni spontanee che vedono la partecipazione complessiva di decine di migliaia di persone (soprattutto donne) esasperate dalla penuria dei generi alimentari, dall’aumento del costo della vita, dalle code ai negozi e dalla fame. L’episodio più clamoroso di protesta popolare è quello di Torino nell’agosto del 1917. A scatenarlo è la mancanza di farina e di pane che porta alla chiusura di numerose panetterie; la repressione è durissima: fra i dimostranti si contano cinquanta vittime, oltre duecento feriti e novecento arresti.