Arturo Marescalchi, nella prefazione della Guida gastronomica d’Italia che il Touring Club editò per la prima volta nel 1931, spiega che la nuova pubblicazione ha la funzione di far «sapere dove proprio [una specialità] la si può gustare autentica, genuina, perfetta». In quell’edizione, alla voce “Rimini” – appendice marinara della provincia di Forlì – si legge: «un piatto caratteristico ed assai gustoso sono le tagliatelle condite con alici, aglio, olio e pepe». Peccato che di questo piatto segnalato come proprio della città – nell’edizione del 1931 e in quelle successive – non vi sia traccia in nessuno degli studi fondamentali sulla cucina riminese. Volendo indagare sul mistero che attribuisce uno specifico piatto a un uso territoriale, si deve convenire che purtroppo non esiste un archivio che raccolga le schede sulle quali venne redatta la prima edizione della guida, per cui è difficile ricostruire come tali fantomatiche tagliatelle abbiano potuto essere riconoscibili come piatto tipico riminese.

E, tuttavia, avanzare qualche ipotesi è possibile. Non è da escludere che qualche osteria o trattoria locale fra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta servisse un qualche tipo di pasta con quel semplicissimo sugo alle acciughe, presumibilmente dissalate. Se così fosse si potrebbe riconoscere questa specialità come la variante “ricca” degli Spaghetti colle acciughe, ricetta n. 100 de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene e preparazione largamente diffusa nella domesticità (ma va detto che, a differenza del piatto citato dal Touring, la ricetta dell’Artusi contempla la presenza di pomodoro – sugo o conserva – e di burro).

Ipotizzando che l’aspecifico termine “alici” si riferisca, invece, all’utilizzo di sardoncini freschi, bisognerebbe riconoscere la somiglianza con le Tagliatelle coi sardoni del riminese Nicola Padovani, ricetta riportata da Gianni Quondamatteo nel Grande dizionario (e ricettario) gastronomico romagnolo (1978) dove, ancora però, si rileva la presenza di pomodoro.

È lo stesso etnologo-curatore Quondamatteo a indicarci la strada per la soluzione dell’enigma, ricordandoci che «la tradizione, nel campo gastronomico marinaro, non è affatto in contraddizione con la fantasia di questi vecchi marinai che pur restando fedeli al passato non disdegnano di esercitare la loro inventiva in mezzo ai fornelli». Dunque è possibile che quella delle tagliatelle con alici, aglio, olio e pepe potesse essere l’esercizio fantasioso di un marinaio-cuoco riminese che nella sua osteria si trovò a servire, probabilmente senza saperlo, un qualche ispettore della Guida Gastronomica d’Italia in cerca di colore folclorico popolare per quella nuova pubblicazione che doveva promuovere la varietà della cucina nazionale.