La pasta emiliana nel ricettario della scrittrice piacentina Giana Anguissola

Siamo a Milano, nel 1959. Orio Vergani, redattore del “Corriere della sera” e fondatore della Accademia italiana della cucina, affida alla scrittrice Giana Anguissola un incarico impegnativo: ricercare, studiare e trascrivere le ricette caratteristiche delle varie regioni d'Italia. È da un po' che Vergani pensa a questo progetto. Lui, giornalista, scrittore, commediografo, saggista e fotoreporter, ha avuto l'occasione di percorrere in lungo e in largo la penisola, apprezzando la buona tavola delle cento città d'Italia: «se il lavoro mi porta a dover saltare il pranzo, lo salto. Ma quando mi metto a tavola, aperto e disponibile alla gioia ristoratrice della mensa, niente falsi e men che meno patacche». Bando alle patacche, dunque. Proprio per difendere e valorizzare la tradizione gastronomica italiana, il 29 luglio 1953 Vergani fonda, nel ristorante dell'hotel Diana di Milano, l'Accademia italiana della cucina, che è assieme organismo di studio e ricerca, ma anche strumento pratico di azione. Con lui ci sono diversi altri noti personaggi del mondo culturale, editoriale ed industriale italiano, da Dino Buzzati ad Arnoldo Mondadori, da Gio’ Ponti a Giannino Citterio a Vincenzo Buonassisi. Passa qualche anno ed Orio Vergani pensa quindi di affidare un complesso compito di ricerca ad una scrittrice che conosce ed apprezza, Giana Anguissola. Classe 1906, nata a Piacenza nel popolare quartiere di San Giovanni, l'Anguissola aveva iniziato prestissimo a collaborare con “La lettura”, “Il Corriere della sera” e “Il Corriere dei piccoli”, arrivando poi ad una copiosa produzione editoriale di romanzi, destinata per lo più all'adolescenza, costellata da numerosi premi e riconoscimenti (l'International board on books for young people, per diversi anni, la indicherà come autrice del miglior libro per ragazzi uscito in Italia).

All'Anguissola, conosciuta nei corridoi del “Corriere della sera”, Vergani affida una ricerca sulle tradizioni gastronomiche italiane con l'obiettivo di arrivare, nel Natale 1960, ad una pubblicazione. La scrittrice piacentina si mette subito all'opera, ma l'impresa non è certo facile. Parte dalle ricette lombarde, poi si sposta sull'area che conosce di più, l'Emilia. L'improvvisa morte di Vergani, avvenuta il 6 aprile 1960, qualche mese dopo l'avvio della ricerca, interrompe questo progetto.

Tutte le carte, rimaste in un cassetto e conservate dalla famiglia, sono state poi date alle stampe nel 2007 con il titoloBuona tavole e belle lettere. Il ricettario di Giana Anguissola per l'Accademia italiana della Cucina, a cura della delegazione di Piacenza dell'Accademia italiana della cucina e del Club di Piacenza del Soroptimist international.

A parte sei ricette lombarde, gran parte del lavoro riguarda la cucina emiliana, suddivisa per province (Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Parma e Piacenza). Nell'introduzione la scrittrice avverte che, nella scelta dei piatti, «mi sono limitata ad elencare i piatti che da secoli l'Emilia offre più scopertamente, più classicamente all'incantato forestiero perché esso, se vuole (e certo vorrà) ne ritrovi una profumata, appetitosa, sana e gustosa eco in casa sua”. La regina di questa cucina è senza dubbio la sfoglia: «In principio, era, ed è, la Sfoglia, base della buona riuscita di quasi tutte le minestre emiliane». Non solo ottimi ingredienti. Per una perfetta riuscita ci vogliono «braccia robuste e insieme capaci di mantenere un gentile ritmo di movimento. Costanza nell'impastare: la pasta va lavorata fino a che serbi in sé qualcosa delle forza, della competenza e dell'amore che vi ha trasfuso, confezionandola ad arte, la massaia». Dalle tagliatelle al tortellino: se per la dinastia delle tagliatelle in principio era la sfoglia, «per il tortellino in principio era il ripieno. Poiché presso il tortellino la sfoglia non ricopre che il ruolo di un involucro intorno a un contenuto importante a cui si debbono complicati riti e cure». Nel ricettario della scrittrice piacentina c'è anche tanto colore, dai tortellini “molto personali” di Modena ai tortelloni di Reggio, senza dimenticare che per il pasticcio di maccheroni di Ferrara occorrono, prima di tutto, «pazienza e casseruole». Le donne emiliane non temono nessuno, poi, in fatto di creatività: ne è significativo esempio la massaia di Bazzano, in provincia di Parma, che per servire una colazione improvvisata nientedimeno che alla duchessa Maria Luigia riuscì ad inventarsi un piatto con quello che aveva:«le tagliatelle che nella madia emiliana non mancan mai, del grana stravecchio, burro e uova». L'Anguissola non poteva finire la sua rassegna se non con il piatto forte della sua città: ecco a voi, signori, il re anolino «in ogni casa di Piacenza, è un personaggio, un componente della famiglia, il parente di riguardo che appare puntualmente sulla tavola ad ogni solennità».