Nonostante la cucina tradizionale romagnola sia preminentemente contadina, per le città sulla costa non può essere ignorata la sua componente marinara. A prescindere dalla pescosità dell’Adriatico, quella dei marinai del Riminese e delle loro famiglie era una cucina povera, di pura sussistenza, “arrangiata” con ciò che restava dalla vendita dei pesci più grandi e pregiati alle pescherie, dal commercio porta a porta effettuato a piedi, e poi dagli anni Trenta in bicicletta, dalle pisaere - le pescivendole - e dal baratto con i contadini che, in cambio di qualche pesce, davano alle donne dei pescatori frutta e verdura, delle uova o la possibilità di spigolare nei campi.
Piatto principe di questa cucina, che lo storico Piero Meldini definisce “vigorosa e senza fronzoli, adatta a stomaci robusti”, è senza dubbio il brodetto, una sorta di zuppa di pesce molto densa, composta di diverse varietà di pesci solitamente poveri, spinosi o di pezzatura troppo piccola per la vendita.
Diffuso su tutta la costa Adriatica, ogni città in cui ci sia un porto in cui possa attraccare un peschereccio ne fornisce una ricetta diversa. Il brodetto riminese nasce in bianco. Il cosiddetto “brodetto alla Levoli”, dal nome del pittore riminese Nicola Levoli che amava ritrarre nature morte tra le quali spiccano composizioni di pesci dell’Adriatico, prevedeva mazzole, tracine, scorfani, pesci prete, gattucci, seppiette e, se di stagione e per gli amanti di un gusto più dolce, qualche canocchia, insaporiti con olio, aglio, la costa bianca di un sedano, cipolla, scorza di limone un generoso pizzico di pepe. Il pomodoro si diffonderà a Rimini a partire circa dalla metà del XIX secolo e solo da allora il brodetto assumerà la tonalità accesa del suo sugo che viene spesso lasciato da parte per essere mangiato con piada o pane.
Monumento della gastronomia di mare, il brodetto si preparava anche a bordo dei pescherecci, sotto coperta sul fugaon, una sorta di cassettone di legno rivestito di latta e pieno di sabbia sul quale veniva posta la legna; mentre nelle case il tegame di terracotta - sempre lo stesso e lavato in acqua salata - largo e basso nel quale venivano adagiati i pesci, era appoggiato sulla rola.
Segreto di un buon brodetto alla riminese erano e sono l’assenza di pesce azzurro, il profumo di aceto, una generosa grattugiata di pepe nero, la giusta apposizione dei pesci nel coccio - sotto i più grandi e sopra i più minuti - una cottura a fuoco dolce e a tegame coperto del buon olio di oliva – una volta sostituito dallo strutto – ma ciò che più conta, e da cui non si può prescindere ieri come oggi, è la freschezza del pesce che si decide di usare.