Per mercato nero o borsa nera si intendono quegli scambi commerciali di beni di consumo, soprattutto alimentari anche quando primari, esercitati illegalmente. Il fenomeno si manifesta con forza devastante durante la Seconda Guerra Mondiale e già nell’inverno tra 1941 e 1942 se ne manifestano i primi episodi, legati alla carenza di cibo e alla fallimentare politica del Razionamento (vedi). Ciò nonostante siano previste severissime sanzioni contro i borsaneristi (il governo arriva ad applicare la pena di morte per i casi più gravi).

Il fenomeno, che perdura fino al 1946, è diffuso ovunque, ma si propone con diversa intensità al Nord e al Sud e con maggiore impatto nelle città. Mentre al Nord il sistema degli Ammassi (vedi), del Razionamento (vedi) e dei controlli funziona con maggiore efficacia, nel Mezzogiorno, soprattutto in grandi città come Roma e Napoli, il fenomeno di acquisti di contrabbando sovrasta il mercato regolare. A Roma la spesa media alimentare per un nucleo famigliare, pari nel 1938 a 408 lire mensili, sale a 2.533 nel settembre 1943, e a 9.339 nel settembre 1944. Di queste cifre solo il 4% avviene per acquisti con la Carta annonaria (vedi), il 26% si riversa nel mercato libero di generi non razionati e il 70% sul mercato nero.

Per quanto meno grave, la situazione al Nord peggiora dopo l’8 settembre 1943: a Genova, ad esempio, nel solo 1944 i prezzi quasi quadruplicano. A Milano, dal settembre al dicembre del 1944, il pane passa da 25 a 40 lire il kg, il riso da 30 a 40, lo zucchero da 700 a 1000, il sale da 500 a 700.

Questa situazione accentua l’inflazione dovuta anche alle operazioni militari sul suolo italiano: ai bombardamenti, al collasso delle infrastrutture, alle razzie tedesche e alla caduta della produzione agricola e industriale.