La restrizione dei consumi viene imposta dalla lunga durata della guerra e dagli intensi sforzi richiesti alla produzione. Le risorse devono essere dirottate dai consumi privati e investite nella produzione dei settori strategici, soprattutto bellici, come quelli metallurgico e meccanico.
L’ideologia della parsimonia e dei sacrifici diventa un imperativo economico e morale, legato alla potenza e persino alla sopravvivenza della nazione, che deve essere ben compreso dalla popolazione.

A tale scopo nel 1917 viene costituita una Commissione per la propaganda della limitazione dei consumi incaricata di divulgare le necessità e le ragioni della oculatezza alimentare, mobilitando deputati, prefetti, sindaci, provveditori agli studi, insegnanti, personalità del mondo culturale e del volontariato che fungeranno da amplificatori e moltiplicatori della propaganda.

I materiali così prodotti abbondano di incitamenti e ingiunzioni: l’italiano è esortato a limitare il consumo della carne e dello zucchero, a mangiare pane raffermo, a non far provviste di derrate alimentari e a non speculare, a non indulgere nel lusso e a non sprecare i guadagni all’osteria; ma soprattutto deve avere «sempre nel pensiero che, mentre tu vivi tranquillamente nella tua casa, i tuoi fratelli, i tuoi figli menano un’esistenza non da esseri umani, nelle caverne e fra le nevi, in continui inenarrabili disagi e tremendi pericoli, e ciò sopportano con animo lieto per la grandezza della nostra Italia. Fa buon viso a questi minimi disagi, senza pericoli di sorta; pensa che ogni tua trasgressione a questo decalogo intacca la tua onorabilità di cittadino; perché è disobbedienza alle leggi del tuo paese. Pensa infine che ogni tuo piccolo sacrificio affretta e avvicina l’ora della vittoria e della pace» (I doveri dell’italiano durante la guerra, p. 1).

Approfondimenti bibliografici

  • Maria Concetta Dentoni, Annona e consenso in Italia 1914-1919, Milano, Angeli, 1995.
  • Antonio Gibelli, La grande guerra degli italiani, Milano, Rizzoli, 1998.