La guerra fa sentire le sue prime conseguenze sul regime alimentare degli italiani già alla fine di marzo del 1915 quando una grave crisi granaria induce le autorità ad ordinare che il pane – il genere più diffuso nella già povera alimentazione popolare - venga confezionato in un unico tipo, in forme non inferiori a 500 grammi, con farina abburattata in ragione dell’80%. Compare così sulle mense il «pane di guerra». Negli anni successivi, una serie di decreti avrebbero sancito la vendita di un prodotto sempre meno mangiabile: forme grosse, da 700 grammi, senza tagli, da vendersi raffermo e confezionato con surrogati di ogni tipo (farina di riso, di granoturco, di castagne, di lupini), un pane nero, poco digeribile e particolarmente sgradevole.

A partire dal 1916 sono decisi, a livello governativo, alcuni interventi parziali riguardo ai consumi: vengono introdotti i calmieri, prima per il grano e poi per lo zucchero; è ridotta la distribuzione di cibi e bevande nei locali pubblici; limitata la vendita di dolci e di carne (con la chiusura delle macellerie nei giorni di giovedì e venerdì).

I bisogni dell’esercito mobilitato devono venire prima di quelli della popolazione civile e, oltre a procedere con le requisizioni per soddisfarli, nel 1917-1918 viene istituita la tessera annonaria, nel novembre per il pane, la pasta e il riso, e, successivamente, per tutti i principali beni di consumo.

A partire dal 1° novembre 1917 ogni cittadino ha diritto a 250 grammi di pane al giorno, 90 di pasta, 40 di riso. Nella primavera del 1918, invece, viene limitato il consumo di carne bovina con distribuzione nei soli giorni di sabato e domenica (in dicembre la razione non supererà i 135 grammi settimanali a persona). Iniziano ad essere tesserati anche l’olio, i grassi animali, il burro, i formaggi. La quantità di questi generi dipende dalla disponibilità: in maggio quella dell’olio è di 100 grammi. Dal dicembre 1918 viene razionato il latte che spetta solo ai bambini inferiori ai 12 anni e agli anziani di età superiore ai 65 anni.

Le marcate restrizioni alimentari, il deterioramento qualitativo del cibo comporteranno un peggioramento sensibile delle condizioni di vita degli italiani.

Approfondimenti bibliografici

  • Maria Concetta Dentoni, L’alimentazione e l’approvvigionamento alimentare durante il conflitto, in Dizionario storico della prima guerra mondiale, sotto la direzione di Nicola Labanca, Roma-Bari, Laterza, 2014, pp. 230-238.
  • Maria Concetta Dentoni, Annona e consenso in Italia 1914-1919, Milano, Angeli, 1995.
  • Giovanna Procacci, L’Italia nella Grande Guerra, in Storia d’Italia, a cura di Giovanni Sabatucci, Vittorio Vidotto, vol. IV Guerre e fascismo 1914-1943, Roma-Bari, Laterza, 1997, pp. 3-99.