É difficile stabilire una data in cui si iniziò a salare e stagionare la natica del maiale rivestita da una vescica. Gran parte di ciò che si tramanda sulla nascita del culatello, infatti, è privo di riscontri documentari puntuali. Nella Guida del Touring Club Italiano del 1969 si sostiene che il culatello fosse citato nella Historia de la città di Parma del cronista Bonaventura Angeli, come portata del banchetto allestito nel 1322 in occasione delle nozze tra il conte Andrea Rossi di Zibello e Giovanna Sanvitale. Tuttavia, Angeli non citò mai il culatello nelle sue cronache. Altre fonti vogliono il culatello tra i salumi inviati annualmente dai Pallavicino a Galeazzo Sforza, signore di Milano, ma senza conferme documentali. Presumibilmente, l’assenza di fonti scritte antiche relative a quello che viene chiamato il “re dei salumi” ha portato negli anni alla creazione di narrazioni ricorrenti riferite a documenti inesistenti o apocrifi. Ma l’assenza di testimonianze scritte non esclude la produzione di culatelli nella bassa parmense in epoca medievale o in tempi precedenti.

La prima rappresentazione del re dei salumi sembra essere l’acquaforte di Giuseppe Maria Mitelli Gioco della Cucagna del 1691, anche se le interpretazioni relative al nesso tra il culatello e termine utilizzato “investitura” non sono concordi.

Le prime citazioni del “Presutto senz’osso, o sia culatelli” risalgono agli annuali calmieri settecenteschi del Ducato di Parma e Piacenza: tra il 1745 e il 1763 ne furono registrati prezzi massimi per libbra tra i 16 e i 22 soldi. Il prezzo era inferiore al salame grasso (22-30 soldi) e al salame magro (28-36 soldi). Culatello e prosciutto disossato erano sinonimi: denotavano il medesimo prodotto. La data di nascita del culatello può essere fatta risalire al 1764, quando nei calmieri iniziò ad essere inserito il culatello investito, ovvero rivestito da una vescica. Le citazioni nei calmieri potrebbero essere il sintomo di un maggiore consumo del prodotto, legato alla crescita economica durante l’amministrazione di Guillaume du Tillot.

Il culatello continua a essere inserito nei calmieri fino al 1805 ed è presente anche nelle carte degli acquisti della Real Casa nel corso del ducato di Maria Luisa d'Asburgo-Lorena.

Nel 1805 il Ducato era amministrato per volontà di Napoleone Bonaparte da Médéric Louis Élie Moreau de Saint-Méry, che fece redigere uno studio sul suino e i relativi prodotti: Trattato sopra li majali. Nel testo è descritto il confezionamento di numerosi salumi, ma senza accenni al culatello investito. Un’assenza singolare se Moreau, pochi anni dopo scrisse: “Si chiama culatello la carne pregiata delle culatte del maiale che si mettono intere nei budelli, ciò che li fa chiamare culatelli investiti”. La duchessa Maria Luisa faceva acquistare i culatelli investiti, anche se in modeste quantità; in quel periodo il prezzo del salume era di circa il 25% maggiore del salame magro e del 57% maggiore del prosciutto stagionato. L’acquisto per la corte si fermò con i successori della duchessa, i “secondi” Borbone.

Nel 1863 a Parma si tenne l’Esposizione industriale e il parmigiano Telesforo Carpi fu premiato con la medaglia d’argento “pel prosciutto investito non comune per fattura”. Il culatello sarebbe stato citato anche in esposizioni successive.

Sul finire del XIX secolo la produzione del culatello si spostò lentamente verso la Bassa parmense. Dal 1899 al 1906 la Camera di Commercio di Parma quotò all’ingrosso il culatello, successivamente le quotazioni  ripresero, ma in maniera sporadica. Le quotazioni al dettaglio iniziarono nel 1914 e terminarono nel 1936. I documenti della Camera di Commercio evidenziano che inizialmente il culatello era quotato quanto il prosciutto, ma dal 1918 il suo prezzo iniziò a salire decisamente rispetto al secondo. Probabilmente l’aumento del valore del culatello è alla base della sua scomparsa dai Mercuriali, facendo pensare a un tipo di produzione pregiata e limitata.

Il primo documento che mette in relazione la produzione del culatello con il paese di Zibello è datato nel corso del Novecento e sembra essere un articolo che comparve in di un supplemento alla rivista L’avvenire agricolo nel 1937.

Il Consorzio di tutela del Culatello di Zibello è stato fondato nel 2009, per difendere e promuovere la qualità e la tipicità del Culatello di Zibello DOP, la cui produzione è limitata a sette comuni parmensi. In questo territorio vicino al Po la peculiare alternanza di estati afose e inverni nebbiosi consente una lenta maturazione dei salumi, durante la quale si sviluppano gli inconfondibili profumi e sapori che hanno reso il culatello celebre nel mondo. Nel corso del Novecento il culatello ha acquisito la fama di un prodotto raro, pregiato, apprezzato da un limitato numero di raffinati estimatori. La presenza di un mercato ristretto, ma d’eccellenza, è documentato anche dalle fonti qui pubblicate, come una lettera di Gabriele d’Annunzio, il quale, definitosi “cupidissimo amatore del parmense Culatello“, scrisse al suo corrispondente di aver gridato “non senza ferocia: ‘Subito, subito, subito tre fette di Culat(t)ello!’”.

Lettera di Gabriele d’Annunzio all’orafo parmense Renato Brozzi, 30 giugno 1931

Lettera di Renato Brozzi a Gabriele d’Annunzio, 3 giugno 1935

Giovanni Mariotti, La mia bella badessa, Roma 1942

Intervista a Peppino Cantarelli, in Mario Soldati, Viaggio lungo la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, RAI 1956

Giorgio Bocca, “Il Giorno”, 18 novembre 1962

Riccardo Bacchelli, Il Mulino del Po, Milano 1963

Gianni Brera, “La Repubblica”, 20 gennaio 1989


Approfondimento bibliografico