L’occupazione nazista acuisce i problemi alimentari già esistenti: le sistematiche espropriazioni delle riserve di cibo attuate dai tedeschi e le difficoltà nei trasporti delle derrate minano alla base un sistema di approvvigionamenti che ha sempre funzionato con scarsa efficienza. Oltre a ciò è fallita anche la politica degli ammassi obbligatori, meccanismo creato con l’intento di tenere sotto controllo i prezzi e costituire scorte alimentari. Gli ammassi non superano mediamente il 20% delle quantità previste perché, spesso, i contadini non consegnano le derrate agricole preferendo venderle agli incettatori che alimentano il mercato illegale o conservarle per la propria famiglia. Inutili risultano, quindi, gli appelli patriottici che ancora si moltiplicano nel 1944 per cercare di convincere gli agricoltori.
Sono tutti elementi questi che concorrono a creare un’estrema rarefazione dei generi alimentari. Sul mercato ufficiale risultano introvabili latte, zucchero, frutta, verdura, grassi (per quest’ultimi la razione diminuisce, nella primavera del 1944, a 150 grammi al mese) oltre al sale che diventa oggetto di scambio per delazioni ben ricompensate dalle autorità naziste: ne vengono offerti anche dieci chili a chi denuncia un partigiano.
Chi può permetterselo, per sopravvivere, deve obbligatoriamente rivolgersi al mercato clandestino che soppianta quello ufficiale, ma i prezzi degli alimenti sono elevatissimi per chi ha uno stipendio fisso: nel maggio 1944 a Bologna, ad esempio, un chilo di pane di contrabbando costa dalle 25 alle 35 lire, un chilo di burro può arrivare alle 1000 lire, uno di pancetta alle 400 lire, mentre il salario orario di un operaio specializzato del settore metallurgico non supera le 9,50 lire, quello di un manovale comune le 7,20 lire (L. Bergonzini, Bologna 1943-1945, p. 81).
La drammatica situazione alimentare è ben conosciuta dalle autorità fasciste – sempre più incapaci di garantire le condizioni minime di sopravvivenza della popolazione - che così la commentano: «Chi ha denaro mangia ciò che vuole con sfrenatezza e lusso; chi non ha mezzi tira la cinghia e bestemmia» (Notiziario della Gnr, 7 marzo 1944).
Per far fronte, almeno in parte, alle strazianti necessità della popolazione cercano di intervenire le amministrazioni locali e mense popolari a prezzi calmierati saranno aperte in tutti i centri cittadini.
A Bologna nel 1944, ad esempio, solo il 14-15% delle famiglie riescono a procurarsi il cibo e non è raro assistere al formarsi di lunghe file di persone davanti ai portoni di conventi e caserme in attesa della distribuzione degli avanzi di cibo. Nell’aprile 1944, quindi, il Comune avvia la costituzione di mense presso le aziende con trenta o più operai; nell’estate provvede ad offrire un pasto per i suoi dipendenti (impiegati, tramvieri, vigili urbani, ecc.) al costo di 2,50 lire, mentre distribuisce quotidianamente oltre 2.000 “minestre al popolo” per 2 lire nelle cucine allestite in caserme e scuole dei vari quartieri. Dal 5 agosto 1944, poi, istituisce una mensa collettiva nella centrale via Ugo Bassi in grado di fornire un pasto completo (minestra, pietanza, pane e frutta) per 20 lire. All’alimentazione dei sinistrati, dei profughi, degli sfollati, oltre che degli indigenti (24.000 famiglie, mentre 80.000 persone sono dotate di libretto di povertà), tenta di provvedere l’Eca (Ente comunale assistenza) con la creazione di mense popolari, istituite negli ultimi mesi del 1943, che offrono pasti i cui valori nutritivi sono pari a circa 1400 calorie, quando il fabbisogno di un uomo adulto che svolga attività sedentaria corrisponde a un migliaio almeno di calorie in più.
Approfondimenti bibliografici:
Luciano Bergonzini, Bologna 1943-1945. Politica ed economia in un centro urbano nei venti mesi dell’occupazione nazista, Bologna, Clueb, 1980.
Riservato a Mussolini. Notiziari giornalieri della Guardia nazionale repubblicana, novembre 1943-giugno 1944, Milano, Feltrinelli, 1974.
Alberto De Bernardi, Alimentazione di guerra, in Luca Alessandrini, Matteo Pasetti (a cura di), 1943: guerra e società, Roma, Viella, 2015.
Mario Agnoli, Bologna città aperta: settembre 1943-aprile 1945, Bologna, Tamari, 1975.
Paola Zagatti, Il problema dell’alimentazione, in Brunella Dalla Casa, Alberto Preti (a cura di), Bologna in guerra 1940-1945, Milano, Franco Angeli, 1995, pp. 223-252.