Negli anni Trenta Vignola e le colline intorno al fiume Panaro si affermano per la produzione, gli scambi e la lavorazione della frutta rossa. I campi generano raccolti abbondanti, le esportazioni aumentano e si aprono vendite anche verso l’estero. L’agricoltura è dinamica e attira investimenti sia nell’industria, sia nel commercio: Vignola accoglie lo stabilimento della Cirio e apre un importante mercato ortofrutticolo. Nello stesso periodo, Spilamberto cresce intorno ai processi chimici della Società italiana prodotti esplodenti (Sipe), che contribuisce a stimolare il miglioramento delle infrastrutture. 

Nel 1938 l’elettrificazione della Ferrovia Casalecchio-Vignola introduce le “Littorine” per il trasporto dei passeggeri e motrici più potenti per il traino delle merci. Dal mercato di Vignola e dalle campagne di Savignano partono convogli pieni di vagoni refrigerati: le derrate di ciliegie e susine, destinate a raggiungere le piazze italiane ed europee attraverso lo snodo ferroviario di Bologna, generano redditi notevoli, ma la società modenese vive una stagione di profondi squilibri economici.
I mezzadri costituiscono circa il 70% della popolazione attiva. Alcuni rezdôr (i “reggitori” dei poderi) prendono le distanze dalle proteste degli operai rurali e non rompono con gli agrari; molte famiglie, però, pur avendo il necessario per vivere, avvertono il peso delle “regalie” e il fastidio dei lavori gratuiti, imposti dai contratti collettivi degli anni Trenta. Ancora peggiori sono le condizioni dei braccianti e degli avventizi, che non lavorano abbastanza per comprare il cibo. Intorno a Vignola i disoccupati delle campagne si propongono per la raccolta della frutta e cercano impiego alla Sipe o nelle industrie di lavorazione alimentare.
La caccia alle fonti di reddito non si limita ai maschi adulti: i “magazzini della frutta” occupano decine di donne, che scelgono i prodotti per la vendita e confezionano gli imballaggi destinati al mercato. Queste operaie sono chiamate cernitrici ortofrutticole poiché curano la cernita degli articoli migliori. Anche se il loro lavoro è indispensabile per il commercio, la comunità vignolese non abbandona la mentalità contadina tradizionale: le donne ricevono salari più bassi e non vengono considerate come soggetti capaci di autodeterminarsi. Le operaie, tuttavia, maturano consapevolezze decisive per la progressiva emancipazione del secondo dopoguerra.
È proprio l’intervento nel conflitto mondiale a mettere in crisi gli sviluppi degli anni Trenta. La contrazione dei commerci genera una crisi dei mercati, che si intreccia alle difficoltà del regime fascista e all’impatto psicologico di una guerra logorante. La caduta di Mussolini, l’occupazione nazista e i venti mesi della lotta partigiana lasciano segni profondi nelle campagne vignolesi: le violenze belliche trasfigurano il territorio e costringono la popolazione ad affrontare una ricostruzione difficile. Nel dopoguerra, mentre la comunità si adopera per costruire la democrazia e recuperare una dimensione produttiva, la frutta rossa rimane il perno del lavoro comunitario.