Il termine autarchia definisce un insieme d’iniziative economico-politiche che mirano con forza all’autosufficienza produttiva di alimenti, materie prime e beni all’interno di un singolo Stato.

Nel caso dell’Italia fascista l’autarchia finisce per diventare parte integrante dell’ideologia e propaganda del regime. Una delle prime iniziative autarchiche di Mussolini fu la Battaglia del grano (vedi).

Lanciata il 4 luglio 1925, è una campagna annuale per l’incremento della produzione cerealicola nazionale al fine dell’autosufficienza. Con finalità simili, il decreto legge del 14 gennaio 1929 obbliga le amministrazioni pubbliche all’acquisto di soli prodotti nazionali, a prescindere dal loro costo, e il decreto legge del 24 settembre 1931 per l’innalzamento dei già onerosi dazi doganali.

Con toni più estremistici, la politica autarchica è confermata e proclamata da Mussolini all’Assemblea Nazionale delle Corporazioni (23 maggio 1936), in risposta alle sanzioni imposte della Società delle Nazioni (3 novembre 1935: divieto di esportazione dei prodotti italiani all’estero e divieto di commercio d’armi) dopo l’invasione dell’Etiopia (2 ottobre 1935). In quell’occasione Mussolini comunico l’obiettivo di: “realizzare nel più breve termine possibile il massimo possibile di autonomia nella vita economica della Nazione”, per raggiungere una reale “autonomia politica” e “liberarsi nella misura più larga possibile delle servitù straniere”. L’autarchia diventa l’asse portante delle politiche economiche italiane e prosegue anche dopo il ritiro delle sanzioni (4 luglio 1936), riconducendosi a tre tipi d’interventi generali di politica economica:

  1. introduzione di provvedimenti protezionistici allo scopo di bilanciare gli scambi. Il commercio estero è condotto sempre più spesso attraverso accordi bilaterali con i singoli paesi (clearing);
  2. controllo dei flussi valutari ottenuto attraverso il divieto per i cittadini italiani di possedere valute estere e l’istituzione di un ufficio statale che detiene il monopolio delle operazioni in valuta. Così facendo è possibile acquistare merci all’estero solo con autorizzazione statale;
  3. promozione della sostituzione dei principali prodotti importati, soprattutto generi alimentari e materie prime, con risorse interne e surrogati (vedi). A tale scopo le Corporazioni varano i piani autarchici per stabilire piani d’investimenti per incrementare la produzione di particolari risorse.

L’ambizioso progetto autarchico si rivela in buona parte fallimentare, anche a causa dell’incapacità dello Stato di controllare commerci non autorizzati e scambi di valuta illegali. Spesso gli sforzi d’innovazione dell’industria, decisi a tavolino, si dissociavano da vocazioni e tradizioni del territorio, e i costi per la promozione di alcuni prodotti superavano di gran lunga quelli derivati da un normale scambio commerciale. Va riconosciuto che alcuni degli investimenti operati comportarono ammodernamenti tecnologici, creazione d’infrastrutture e produzioni industriali di cui gli italiani usufruiscono soprattutto nel dopoguerra.


Bibliografia:

R. Romeo, Breve storia della grande industria in Italia, Cappelli editore, Bari, 1961. 

R. Petri, Storia economica d’Italia. Dalla Grande guerra al miracolo economico (1918-1963), Il Mulino, Bologna 2002.

P. Ciocca e G. Toniolo (a cura di), Storia Economica d’Italia 3. Industrie, mercati, Istituzioni. 2. I vincoli e le opportunità, Laterza, Roma-Bari, 2004.

A. Gagliardi, L’impossibile Autarchia. La politica economica del Fascismo e il Ministero degli scambi e Valute, Rubettino Soveria Mannelli, Catanzaro, 2006.