L’allevamento del maiale nel parmense ha una storia millenaria. La salagione delle carni suine, di tradizione pre-romana, consentì la produzione di prodotti rinomati già alla fine del XIV secolo, grazie alla disponibilità di sale proveniente dalle colline, utilizzato per la conservazione degli alimenti.

Fino al XIX secolo in Emilia Romagna erano presenti suini a manto nero, del cosiddetto ceppo iberico: le razze parmigiana, modenese, bolognese e romagnola. Si trattava di animali di taglia medio-grande, prolifici, robusti, adatti al pascolo, ma poco precoci nell’accrescimento. La peculiarità di queste razze era una carne saporita, di qualità e adatta alla produzione salumiera. A 24 mesi, il maiale era macellato ad un peso di circa 150 kg. Si stima che a metà ottocento i capi macellati annualmente nel parmense fossero circa 45.000.

Nei primi anni ‘50 dell’Ottocento furono introdotte nel parmense razze suine inglesi. Nel 1873 fu importata la prima coppia di maiali di razza Large White o Yorkshire. Appurata la maggiore propensione all’ingrasso, questa razza ebbe una rapida diffusione. Sostituita da esemplari Large White e da meticci, alla fine dell’Ottocento la razza parmigiana si stava ritirando in montagna, dove le razze inglesi stentavano ad adattarsi al clima e al pascolo. Nel 1950 un’indagine rilevò che ormai solo il 5,5% della popolazione suina dell’Italia settentrionale era costituita dalla razza parmigiana.

A fine Ottocento la produzione di salumi era generalmente familiare e avveniva presso gli agricoltori, osterie o negozi e, meno frequentemente, in piccole aziende. La maggior parte dei capi era ucciso in casa dai norcini, una quota minore nei macelli. Il mattatoio più grande nella provincia di Parma abbatté oltre 3.000 maiali nel 1869. La stagionatura del prosciutto durava fino ad un anno e il prosciutto stagionato pesava mediamente 7,8 kg nel 1850.

Nei decenni successivi le industrie salumiere conobbero un forte sviluppo e a fine secolo i produttori erano localizzati principalmente a Collecchio, Sala Baganza, Felino e Langhirano.

Nel 1870 nel parmense furono macellati oltre 3.300 suini e nel 1872, per la Camera di commercio di Parma, erano stati venduti 2.414 quintali di salumi, di cui il 20% fuori provincia. Le esportazioni crebbero in Francia, Inghilterra e America.

A inizio Novecento furono costruiti i primi stabilimenti per la stagionatura di ingenti quantità di prosciutto e furono introdotte le celle frigorifere. Precedentemente le aziende che si occupavano di stagionatura sfruttavano esclusivamente l’andamento stagionale dei mesi invernali. A causa del clima, nel periodo estivo la lavorazione delle carni non poteva avere luogo. I limiti produttivi consentivano una produzione sufficiente alla sola richiesta locale.

Nel 1913 a Parma furono macellati circa 30.000 maiali, dei quali 20.000 destinati al mercato estero. Negli anni Venti furono installate le prime celle frigorifere per la stagionatura che queste permettevano il mantenimento di temperature comprese tra 1°C e 4°C all’interno di locali coibentati. Tuttavia, le iniziali esperienze di stagionatura refrigerata fallirono in molteplici casi: tra gli operatori del settore mancavano le conoscenze relative all’umidità presente nelle celle. Nel corso degli anni migliorò l’esperienza degli stagionatori e si formò un’alta specializzazione. Gli impianti frigoriferi costituirono un evento rivoluzionario nella produzione dei salumi, in quanto ne affrancavano la produzione alla stagionalità, permettendo di lavorare a ciclo continuo. Fino al secondo dopoguerra, a causa dei consumi interni limitati e delle esportazioni ridotte, l’attività conserviera del prosciutto rimase prevalentemente su scala familiare con l’apporto di manodopera stagionale.

Nel 1937 l’Istituto nazionale conserve alimentari elencò 25 salumifici attivi nel parmense, con una produzione calcolata di circa 500.000 prosciutti, cifra che sarebbe quadruplicata negli anni Cinquanta, quando l’aumento dei redditi e la diffusione di zootecniche più adeguate diedero un forte impulso alla produzione. Al contempo, lo sviluppo dell’attività casearia, legata alla produzione del parmigiano, diede un contributo allo sviluppo dell’allevamento dei suini, la cui alimentazione si basava anche sui sottoprodotti dei caseifici.

Nel 1963, per salvaguardare le norme di lavorazione e la qualità, 23 aziende di stagionatura istituirono il Consorzio del Prosciutto di Parma, poi, con un provvedimento del 1978, il Consorzio fu incaricato dallo Stato di esercitare il controllo sul prodotto.

Nel 2000 le 201 aziende parmensi di stagionatura hanno prodotto oltre 9.000.000 di prosciutti crudi.

Notiziario della Camera di Commercio di Parma, 1910

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Produzione del Prosciutto - 1950 ca. - Museo del Prosciutto - Langhirano


Approfondimento bibliografico