Il pomodoro venne introdotto nel parmense nella prima metà dell'Ottocento come coltivazione ortiva legata ad un'industria di trasformazione artigianale gestita dagli stessi coltivatori che producevano, con tecnologie elementari e limitatissimi investimenti di capitale, i cosiddetti “pani di conserva nera” commercializzati a livello strettamente locale. Questa conserva di pomodoro fu soprattutto utilizzata nella minestra al posto del lardo, da quando il maiale nero parmigiano venne sostituito dal Large White inglese, dal quale si ottiene un prosciutto migliore ma un lardo cattivo.

Nella seconda metà dell'Ottocento si passò dalla produzione casalinga a quella protoindustruale grazie alla perspicacia e all'ingegno di un valido agronomo locale come Carlo Rognoni, il quale intuì che per dare un futuro alla coltivazione del pomodoro occorreva creare e sostenere l'attività di trasformazione delle conserve. In breve tempo e in particolare nel primo decennio del secolo, si diffuse in tutta la provincia “la febbre del pomodoro” e il comparto conserviero parmense divenne il più produttivo della penisola.

Successivamente gli andamenti economici nazionali e locali si mostrarono altalenanti e contraddittori: nel biennio 1912-1913 l'industria locale subì un arresto che mise in crisi ad esempio proprio due settori sviluppatisi grazie all'espansione del pomodoro, cioè il vetro e la meccanica, per poi riprendersi negli anni appena a ridosso della Prima guerra mondiale. Il conflitto segnò però un'ulteriore battuta d'arresto sia in conseguenza delle strategie della mobilitazione industriale (che imposero una sensibile contrazione delle colture industriali a favore di quelle cerealicole, provocando, di conseguenza, una netta diminuzione del volume della produzione industriale conserviera) sia del blocco delle esportazioni. Per avere un'idea della natura dei vincoli imposti dalla mobilitazione bellica al sistema conserviero parmense, occorre considerare che solo il 10% della superficie agraria dei poderi continuò ad essere destinato alle colture industriali, lasciando il rimanente ai prodotti alimentari di primissima necessità: grano, mais, legumi, patate.

La ripresa avvenne in particolare tra il 1922 e il 1925: l'agricoltura tornò ad espandersi, si ebbe una crescita degli investimenti in concimi chimici e attrezzature agricole ma soprattutto si intuì la necessità di puntare sull'innovazione. Fu proprio in questo contesto che a Parma nacque nel 1922 la Stazione Sperimentale delle Conserve Alimentari che, insieme ai “comizi agrari” (un'istituzione a sostegno dell'agricoltura volta alla diffusione di tecniche e innovazioni in campo agricolo) e alle “cattedre ambulanti” (lezioni di un laureato in Scienze agrarie tenute nei borghi rurali della provincia allo scopo di illustrare le nuove tecniche e metodologie agricole) già in essere, aveva lo scopo di “promuovere con indagini, studi, ricerche analisi, il progresso tecnico dell'industria conserviera e di curare il perfezionamento del personale tecnico addetto alla stessa industria”: innovazione tecnologica, assistenza alle pioneristiche imprese, controllo della qualità posero le basi di quella strategica sinergia tra agricoltura ed industria che farà del parmense un fiore all'occhiello dell'agroalimentare italiano. Oltre che le industrie alimentari, dei servizi della Stazione sperimentale beneficiarono anche i produttori di contenitori, vernici e bande stagnate utilizzate dalle industrie stesse. Tale visione innovatrice riuscì a tutelare, in parte, il settore conserviero dall'essere travolto da quella crisi delle esportazioni che, in conseguenza della rivalutazione della lira da parte del regime fascista (la cosiddetta “quota 90”), travolse le produzioni italiane.

Sul finire degli anni '20 e nel decennio successivo l'indotto conserviero si ritrovò a rallentare nuovamente le produzioni a causa del perdurare degli effetti della crisi economica del '29 e delle successive politiche autarchiche del regime fascista.

Sebbene tra il 1934 e il 1935 si avvertì una flebile ripresa, già a partire dall'anno seguente, il comparto conserviero entrò in un cono d'ombra, accusando pesantemente gli effetti delle sanzioni economiche comminate all'Italia dalla Società delle Nazioni per l'aggressione all'Etiopia, solo in parte compensati dagli acquisti di estratto di pomodoro compiuti dall'esercito.

In questi anni per l'industria delle conserve alimentari, a causa del blocco delle importazioni, diventò difficile procurarsi lo stagno e il costo della latta e dei metalli per la fabbricazione dei contenitori divennero proibitivi. Con l'entrata in guerra dell'Italia il problema rivestì un carattere di sopravvivenza, essendo le conserve alimentari più che mai necessarie all'alimentazione della nazione e dell'esercito. Queste le parole di Mario Mantovani, allora presidente dell'Ente Autonomo per la Mostra delle Conserve Alimentari:

oggi che l'imperativo autarchico è per l'Italia presupposto insopprimibile per la sua indipendenza economica e politica, l'autonomia alimentare rappresenta l'arco di volta su cui insiste la forza di espansione, di conquista e di resistenza del nostro Popolo.

L'industria della conservazione degli alimenti, che consente la utilizzazione e la conservazione nello spazio e nel tempo di quelle sostanze edibili che non possono essere consumate allo stato fresco, lasciandole integre in esse e anzi talvolta aumentandole, le qualità nutritive, assume un'importanza indiscutibile nella vita della Nazione.

Il riutilizzo dei vuoti diventò presto una condizione necessaria per sostenere l'industria conserviera al punto che l'allora presidente della SSICA, Francesco Emanuele, propose che non venisse più venduta una scatola di conserve senza che fosse restituita

una scatola vuota di peso approssimativamente uguale, ben lavata ed asciugata.

La Stazione si fece portavoce di queste esigenze e si prodigò per realizzarne le possibili soluzioni: ancora più incisiva sul tema del “riutilizzo” finalizzato a sostenere il regime autarchico e a sopperire alle mancanze di stagno fu la possibilità di estrarre proprio dalle bucce di pomodoro una sostanza, la gommoresina, simile per caratteristiche chimico-fisiche alle resine sintetiche, il cui impiego si rivelò utile alla preparazione delle vernici protettive dell'acciaio-base.

Fu sempre la Stazione che, oltre a mobilitare ogni sua attività di laboratorio, pur nelle circostanze disagiate del momento, indisse una Mostra Autarchica dello Scatolame e degli Imballaggi per Conserve Alimentari che, divisa in due sezioni “Scatole ed imballaggi” e “ Sprechi e recuperi”, raggiunse i suoi obiettivi e si evolse, nel settembre 1942, nella prima Mostra delle Conserve di Parma. Con la guerra sullo sfondo, la mostra fu “lo specchio di un'industria ancora vitale ma in fase di grave travaglio”.

Si ringraziano per la cortese disponibilità e collaborazione dott. Giancarlo Gonizzi (Accademia Barilla, Musei del cibo), dott.ssa Maria Gloria Attolini e dott.ssa Marta Dall'Orto (SSICA), Pierluigi Longarini (materiale iconografico).


Approfondimento bibliografico:

Attolini M. G., Dall'Orto M., Zanlari A., Alla ricerca del futuro. I novant'anni della Stazione Sperimentale per l'Industria delle Conserve Alimentari, a cura di G. Gonizzi, Parma, Edicta edizioni, 2012. 

L’alimentazione e la politica annonaria in Italia, a cura di R. Bachi, Bari, Laterza, 1926.

Decreto Prefettizio riguardante l’annata agraria 1917-1918: Magagnoli S., Alle origini del distretto agro-alimentare parmense: imprese, istituzioni, innovazioni, Università di Parma, Dipartimento di Economia, Food-Lab (Laboratorio per la storia dell'alimentazione).

Minardi M., La federazione fascista degli agricoltori parmensi. Rappresentanza sindacale e rapporti intersettoriali (1925-1931), in Storia e documenti. Semestrale dell'Istituto storico della Resistenza di Parma 1(1), Gennaio-Giugno 1989.

Magagnoli S., Alle origini del distretto agro-alimentare parmense: imprese, istituzioni, innovazioni, Università di Parma, Dipartimento di Economia, Food-Lab (Laboratorio per la storia dell'alimentazione).

M. Mantovani, Presentazione della Mostra delle Conserve alimentari, in Industria italiana delle Conserve Alimentari XVIII(6), dicembre 1939.

F. Emanuele, Orientamenti di guerra nell'industria conserviera, in Industria italiana delle Conserve Alimentari XVIII(6), dicembre 1939.

Gonizzi G., “Fantasia e imprenditorialità”. Francesco Emanuele e i progetti per il comparto conserviero parmense, in Parma economica 132, settembre 2000.