Già alla fine del XIX secolo la Bassa Romagna scopre la sua vocazione alla frutticoltura e nel giro di pochi decenni il piccolo centro ravennate di Massa Lombarda ne diviene la culla.

Attraverso l'azione pioneristica di proprietari terrieri, agronomi e tecnici, qui non solo si installano impianti all'avanguardia e si incrementa la coltivazione frutticola - specialmente della pesca - arrivando a produrre più della metà della frutta dell'intera provincia di Ravenna, ma si avvia anche l'industria ortofrutticola. Negli stabilimenti la frutta viene selezionata e confezionata e quella non commercializzabile viene trasformata in marmellata. I prodotti vengono distribuiti in Italia (sfruttando soprattutto la rete ferroviaria che collega Massa con Ferrara, Ravenna e dal 1934 anche con Imola), in gran parte dei paesi europei, in Egitto e perfino in Brasile.
La frutticoltura nel primo dopoguerra fa da traino anche allo sviluppo del suo indotto. In quegli anni a Massa Lombarda sorge la Ondulatum (1926), società che realizza cartone ondulato per gli imballaggi della frutta e anche la tipografia Foschini si converte alla produzione di carta per imballaggi; sono attive officine meccaniche che realizzano pompe irroratrici e ditte che producono legno quassio usato nella difesa delle colture dagli afidi. Nel giro di pochi anni il piccolo centro agricolo di settemila abitanti assume un volto industriale. Alla vigilia della seconda guerra mondiale si contano: «sette stabilimenti per la lavorazione ed esportazione delle frutta, numerose cantine industriali, vari stabilimenti per la preparazione delle polpe di frutta, tre fabbriche di conserve di pomodoro e concentrazione, la fabbrica di marmellata “S.A. Massalombarda”, uno zuccherificio, una fabbrica di macchine industriali-agricole, una segheria e fabbrica imballaggi, una fabbrica di carta ondulata e tante altre minori attività che danno a Massa Lombarda quella sua particolarità tanto discussa, studiata ed ammirata che il Duce ebbe un giorno a definire di “grande apporto all’economia della Nazione”».

Questo apporto diviene fondamentale allo scoppio della secondo conflitto mondiale, così come il legame commerciale con la Germania, verso la quale è destinata la maggior parte dell'esportazione. Già nel 1938, ottanta agronomi tedeschi sono ricevuti a Massa Lombarda, che ospita l'anno successivo il “Primo congresso italo-tedesco di agricoltura” e riceve l'8 giugno 1940, due giorni prima dell'entrata in guerra dell'Italia, la visita di Walter Darré, ministro dell'Agricoltura e dell'Alimentazione del Reich. In virtù degli accordi presi, la S.A. Massalombarda refrigera frutta e verdura per un complesso tedesco che vi ha installato appositi impianti.
L'efficace apporto dell'industria ortofrutticola all'economia di guerra è vincolato però al funzionamento complessivo del sistema economico nazionale e alla disponibilità di risorse. Già nell'estate del 1940 la S.A. Massalombarda, l'Esperia e la ditta Folli-Preda Foschini segnalano la mancanza di carbone che «rende quasi impossibile l'inizio della lavorazione» del pomodoro. A partire dal 1941 diminuiscono e arrivano a singhiozzo i quantitativi di solfato di rame e degli altri anticrittogamici concessi ai coltivatori. I tagli non riguardano solo la possibilità produttiva, ma anche la commercializzazione. All'inizio del 1943 vengono introdotte nuove disposizioni restrittive riguardo ai trasporti ferroviari che portano all'eliminazione del servizio di carro merci e collettame, ripristinato solo a seguito delle proteste del podestà e delle ditte che fanno leva sul fatto che «tutte le industrie massesi interessano strettamente l'alimentazione del Paese». Il disappunto principale espresso dall'amministrazione comunale riguarda però il trattamento economico riservato alla cittadinanza. Tra il 1941 e il 1943 cittadini e maestranze accusano la deficienza o la mancanza di pane, burro, olio, pesce, salumi e carni bovine. L'approvvigionamento alimentare viene considerato inadeguato alla dimensione industriale di Massa Lombarda: la popolazione del centro cittadino si aggira sui quattromila abitanti ed è «nella quasi totalità addetta all'industria», in proporzione al totale si tratta di una percentuale che uguaglia «i più importanti centri industriali d'Italia». Pertanto il lavoro nelle fabbriche «consiglierebbe una nutrizione più adeguata […] specie per quanto riguarda la somministrazione della carne» e un «regime alimentare uguale» a quello di Ravenna, Faenza e Lugo.

Sul fronte della produzione sia industriale che agricola, almeno fino all'inizio del 1944, a parte le restrizioni segnalate, non si registrano significativi cedimenti, anzi: la storica ditta Bonvicini chiede e ottiene nel 1942 di poter raddoppiare il proprio capitale da 1 a 2 milioni di lire; la S.A. Massalombarda nel biennio 1942-43 ha una produzione di 150mila quintali tra marmellate, concentrato di pomodoro, frutta trasformata in polpe e generi ortofrutticoli congelati per l'esportazione e la Spica (società milanese legata alla Motta) nel 1942 rileva uno stabilimento a Massa Lombarda e si spende nel tentativo di ampliarlo e modernizzarlo.
La produzione agricola conosce nella provincia di Ravenna un aumento: se negli anni Trenta e fino al 1940 rimane stabile la superficie destinata alla frutticoltura specializzata, tra il 1941 e il 1943 tale superficie passa da 5000 a 7000 ettari, dando avvio a una decisa ripresa.

Fino alla prima metà del 1944 la produzione del settore agroalimentare a Massa Lombarda registra elementi di stabilità, ma per quanto concerne la distribuzione e il razionamento si riscontrano dei cortocircuiti: il podestà segnala nel novembre 1942 la mancanza di marmellata e ciò «proprio a Massalombarda che la produce con maestria è cosa inconcepibile!».